lunedì 17 ottobre 2016

La legalizzazione della cannabis riduce gli introiti delle mafie?

Bondì,
oggi voglio scrivervi una lettera per sostenere la Campagna "Droghe leggere? Danni pesanti!" indetta dall'Associazione "SOS Ragazzi" di Roma.
Andrea Lavelli, responsabile della suddetta campagna, mi ha scritto: "In Italia alcune forze politiche stanno spingendo per l'approvazione di una proposta di legge che legalizzi il possesso di cannabis per i maggiorenni e autorizzi la libera vendita della marijuana al dettaglio in negozi dedicati, sotto il controlli di un apposito monopolio di Stato.
Tra i sostenitori di questo decreto legge, inoltre c'è chi sostiene che la legalizzazione della droga priverebbe le organizzazioni criminali dei proventi dello spaccio.
Rispondiamo a questa affermazione usando le parole del celebre magistrato Paolo Borsellino in un'intervista del 1989: 'Forse non si riflette che la legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime ad essere investite dal mercato clandestino. [...] Resisterà una ulteriore parte del mercato clandestino dovuta a tutti coloro che per qualsiasi ragione non vorranno rivolgersi al mercato ufficiale (per non essere schedati, individuati, per ragioni sociali...) e resterebbe quindi una residua fetta di mercato clandestino che sarebbe estremamente più pericolosa perché diretta a coloro che per ragioni di età non possono entrare nel mercato ufficiale, e quindi alle categorie più deboli e più da proteggere. [...] Conseguentemente mi sembra che sia da dilettanti di criminologia pensare che liberalizzando il traffico di droga sparirebbe del tutto il traffico clandestino e si leverebbe quest'unghia all'artiglio della mafia'.
Il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri allo stesso tempo ha evidenziato come nel 2014 quasi il 25% dei minori under 19 abbia dichiarato di aver fatto uso di cannabis, in aumento di quasi il 2% rispetto all'anno precedente.
Legalizzare la cannabis vorrebbe dire facilitare la diffusione di questa sostanza così pericolosa e agevolarne la circolazione anche tra i minorenni. Come può lo Stato incentivare il consumo abituale di un prodotto che a lungo termine provoca danni devastanti su chi ne fa uso?".
Carissimi amici, ci rendiamo conto di quello che sta accadendo in Italia?
Abbiamo ben presente che la vita ha un valore inestimabile e che la legalizzazione della cannabis serve a violare deliberatamente questo dono gratuito di Dio?
Come ben sapete sono da sempre in prima linea quando c'è da difendere e tutelare la vita. Per questo motivo mi sono permesso di scrivervi questa lettera nella speranza che vogliate condividerla sulle bacheche e sui vostri profili social.
Arvëddse, Elia.

giovedì 13 ottobre 2016

Influenza? 3 "rimedi della nonna" per combatterla

Bondì,
in questi giorni nei quali il freddo ha fatto capolino nelle nostre città molti amici hanno iniziato a lamentarsi di mal di gola, raucedine e afonia.
Il rischio è che, come sempre, questo sia un periodo particolarmente redditizio per le farmacie che – una volta interpellate – non ci mettono la scala a riempirci di farmaci da banco, più o meno efficaci, e a svuotarci il portafogli.
Per contrastare in modo naturale i sintomi influenzali si possono usare tre semplici (e poco costosi) rimedi cosiddetti “della nonna” che sono:
Bere ogni sera – prima di andare a dormire - una tazza di latte molto caldo con uno o due cucchiaini di miele. Il calore aumenta la temperatura del nostro corpo e il miele ci fornisce importanti proprietà lenitive per faringe, laringe e trachea.
Fare gargarismi con un succo di acqua calda, spremuta di limone e miele. In pratica si mette a bollire una tazza di acqua in un pentolino. Quando l’acqua inizia a bollire si mette al suo interno mezzo limone con tutta la buccia (naturalmente dopo aver lavato il limone ancora intero sotto l’acqua) e si lascia bollire per 4 o 5 minuti. Passato questo tempo si spegne. Dopo circa 15 minuti si toglie il limone dall’acqua, si aggiungono due cucchiaini di miele e si gira. Dopo 10 minuti si possono fare i gargarismi. Il limone ha un’azione disinfettante e il miele un’azione lenitiva per le mucose.
Bere molta acqua, molte tisane, molto the. Il nostro corpo, quando è colpito dall’influenza tende ad espellere molti liquidi e quindi in qualche modo dobbiamo risomministrarglieli.
Carissimi, io quando ho l’influenza queste tre cose le faccio sempre e, devo dirlo, nel giro di 36-48 ore mi sento decisamente meglio. Certo, magari ci metto un po’ di più a guarire ma, in compenso, non sovraccarico fegato e reni con dei farmaci da banco che – spesse volte – non sono neppure indicati per la sintomatologia in atto nel mio corpo.
Il consiglio, comunque, è sempre lo stesso. Quando stiamo male non abusiamo di farmaci, non facciamo la cura che ha fatto il vicino di casa, l’amico o il parente. Quando non ci sentiamo bene consultiamo il medico che ha le conoscenze necessarie per poterci aiutare a fare la scelta più saggia.
Arvëddse, Elia.

sabato 8 ottobre 2016

Il Celibato Sacerdotale

Bondì,
stamattina, mentre ero in coda alla cassa del supermercato, ho involontariamente sentito un discorso tra due signore che “in soldoni” dicevano che ci sono pochi preti perché il Papa non li lascia sposare.
Secondo loro, se la Chiesa Cattolica togliesse il Celibato Sacerdotale, aumenterebbero numericamente e sensibilmente le vocazioni al sacerdozio. Ma è proprio così?
La Chiesa deve pensare ad avere molti preti oppure ad avere quelli che il Signore chiama e aiutarli a santificarsi?
Innanzitutto, secondo me, è bene iniziare col dire che il “celibe” per la società civile è colui che non ha contratto matrimonio, il cosiddetto “scapolo”. Come tutti ben sappiamo, però, allo “scapolo” non è preclusa la possibilità di avere rapporti sessuali occasionali o continuativi con delle donne.
Allora il Celibato Sacerdotale autorizza il prete ad avere rapporti? No.
La Chiesa Cattolica, nella formazione dei Seminaristi, insiste molto sul fatto che il Celibato Sacerdotale è un tutt’uno con la castità e l’astinenza dagli atti sessuali. Questo perché il Sacerdote, in virtù del suo ministero e della sua vocazione, è chiamato a vivere totalmente casto dedicando ogni suo pensiero, ogni sua parola ed ogni suo affetto a Dio al quale si è volontariamente consacrato.
Questa cosa è giusta? Non è giusta? Non sta a me dirlo.
Io credo che quando uno si trova in una realtà come la Chiesa Cattolica deve avere l’umiltà di accettarne le norme, le tradizioni ed i costumi.
Papa Francesco, comunque, nel famoso viaggio di ritorno dalla Terra Santa disse: “il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre la porta aperta”.
Porta aperta a che cosa?
Come ha ben detto il Santo Padre, il Celibato Sacerdotale non è un dogma di fede. Non è un’imposizione biblica ma una regola che la Chiesa Cattolica si è data autonomamente per permettere al Sacerdote di poter curare meglio la vita di preghiera, la vita sacramentale, la vita di ascesi e di potersi donare al 100% a tutti senza dover avere una speciale predilezione per la moglie e per i figli.
Il Sacerdote Cattolico, grazie al suo celibato, ha il cuore totalmente donato a Dio nel servizio dell’intera umanità.
Il Papa cambierà le cose? Non lo so. Staremo a vedere.
Se proprio devo essere sincero devo dire che, a mio avviso, è bene che i Sacerdoti non si sposino.
Nella Chiesa Cattolica ci sono i Diaconi permanenti che possono accedere all’Ordinazione Diaconale anche se sposati; i Laici consacrati che possono partecipare alla vita della comunità pur non essendo ministri ordinati, le Coppie consacrate che mettono la loro vita a servizio della Chiesa in terra di missione, in case famiglia, i Terziari di Ordini Religiosi che condividono con l'ordine di appartenenza formazione e cammino spirituale…
La Chiesa non chiude le porte in faccia a nessuno e mette tutti nella condizione di poter seguire le orme di Cristo attraverso un cammino di comunione e di amore.
Nel ringraziarvi per aver perso un po’ di tempo a leggere questa mia riflessione, vi abbraccio.
Arvëddse, Elia.

venerdì 7 ottobre 2016

Giornata mondiale del Sorriso

Bondì,
in questi ultimi anni nel mondo sono successe cose orribili. Sono morte molte persone. Ci sono stati innumerevoli conflitti armati ma, nonostante ciò, nel 1999 la World Smile Foundation del Massachusetts (Stati Uniti d’America) ha avuto l’idea geniale di istituire, il primo venerdì di ottobre di ogni anno, la "Giornata del Sorriso".
Il sorriso oggi è una rarità perché le persone sono spesso tediate da preoccupazioni di carattere economico, da genitori anziani da assistere in quanto malati, da situazioni socio-politiche che poco hanno a che fare con la gioia… ma i membri della Fondazione non si sono arresi ed hanno provato a ravvivare il mondo con un piccolissimo gesto che non è né banale né scontato.
Io stesso non sono avvezzo al sorriso perché, per mia natura, tendo a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto ma venendo a conoscenza di questa giornata non ho potuto non fermarmi un momento a riflettere su quanto possa essere importante regalare un piccolo sorriso a chi ci sta intorno.
A volte, anche se non lo sappiamo, di fronte a noi ci sono persone che hanno appena ricevuto una brutta notizia e tendono perciò a vedere attorno a sé un buio che in realtà non c’è. Se casualmente ci incontrassero e vedessero un sorriso vero, sincero ed autentico sul nostro viso probabilmente si sentirebbero meno afflitte.
Non ci sentiremmo meglio sapendo che abbiamo regalato un piccolo spiraglio di speranza a chi si trova in un momento buio? Non ci farebbe star meglio il sapere che la nostra presenza piccola e fugace è servita a rendere migliore la giornata di qualcuno?
Oggi, perciò, se possibile, quando incontriamo una persona facciamogli un sorriso. Non sia mai che la cosa diventi contagiosa rendendo leggermente meno cupa la nostra società.
Arvëddse, Elia.

giovedì 6 ottobre 2016

Ministero della Difesa o della Resistenza?

Bondì,
il 12 settembre 2016 la signora Roberta Pinotti scriveva sul suo Profilo Facebook: “Due anni fa un anziano partigiano mi ha fatto notare che ogni 25 aprile ricordiamo coloro che sono morti per la Liberazione dell’Italia, ma non avevamo mai celebrato chi, come lui, ha partecipato alla Resistenza e fortunatamente è sopravvissuto. 
Così nel 2015 - per il 70esimo anniversario della Resistenza - abbiamo fatto una medaglia per dare un riconoscimento al sacrificio di coloro che in un momento della loro vita hanno deciso di fare una scelta per la libertà e la democrazia. 
Oggi ho consegnato la medaglia commemorativa a 189 partigiani della mia città, Genova, che ha la Resistenza nel cuore. Uomini e donne che hanno scritto la Storia e oggi insegnano ai giovani che per cambiare le cose non bisogna essere eroi, ma fare delle scelte per lasciare un segno indelebile nel futuro di questo nostro bellissimo Paese”.
Probabilmente la signora Pinotti non sa che essere Ministro della Difesa vuol dire essere a capo ed a rappresentanza delle Forze Armate che sono regolari, regolamentate e regolarmente istituite.
Come fa quindi un membro del Governo a mettere sullo stesso piano un militare ed un partigiano?
La signora Pinotti sa che i partigiani erano combattenti armati che non appartenevano ad un esercito regolare ma ad un movimento di resistenza organizzato in bande armate?
La suddetta signora sa che i partigiani hanno ucciso, in vili imboscate, centinaia (per non dire migliaia) di soldati appartenenti all’Esercito Italiano?
Il Ministro della Difesa è a conoscenza del fatto che molti Caduti delle Missioni Internazionali di Pace non hanno ricevuto una medaglia per il loro sacrificio?
Come mai quindi il Ministero ha deciso di consegnarne ben 189 ai partigiani che, come detto, non erano soldati ma bensì combattenti non autorizzati?
Da buon piemontese sospettoso mi son fatto queste domande, ho guardato “’l Caval 'd Brôns” e mi son detto: “Inutile cercare una risposta. I Governi di Sinistra non fanno niente per niente. Premiare i partigiani è un atto dovuto se si desidera avere il loro “sì” al prossimo Referendum per la demolizione della Costituzione della Repubblica Italiana”. Renzi docet.
Arvëddse, Elia.